Il 26 dic del 43 Mario Fiorentini, da una bicicletta, lanciò un pacco esplosivo all’ingresso del carcere di Regina Coeli dove 28 militari tedeschi si stavano dando il cambio di guardia. Riuscì fortunosamente a sfuggire al fuoco. Il giorno dopo fu emanata un’ordinanza dal comando militare tedesco che proibiva l’uso della bicicletta a Roma. In quegli anni anche Gino Bartali, camuffava le sue “consegne” ai partigiani come allenamenti per tenersi in forma e quando veniva fermato per controlli, chiedeva di non toccare la bici per non alterarne la perfetta messa a punto. Più in generale, durante i giorni della resistenza in Italia, la bicicletta fu il mezzo più importante per trasportare documenti che coordinavano le brigate. In quegli anni la bicicletta era anche l’unico mezzo con il quale gli operai potevano raggiungere il posto di lavoro.
Anche mia nonna di Milano mi raccontava sempre dei suoi spostamenti in bicicletta, per andare al lavoro, per fuggire più velocemente durante i bombardamenti ma anche per raggiungere il suo amato, mio nonno. Fu lei per prima a trasmettermi l’amore per la bicicletta, da allora è il mezzo di spostamento che prediligo. Sentire l’aria fra i capelli o godermi una discesa dopo una salita mi da euforia e un’emozionante sensazione di libertà.
Dopo aver conosciuto personalmente Mario Fiorentini ho deciso di ricalcare la sua azione antifascista in bicicletta con una performance ripercorrendo il più fedelmente possibile il percorso che fece quel 26 dicembre. L’azione verrà ripresa con delle telecamere disposte in diversi punti del percorso, dando vita ad un video che manterrà una propria autonomia formale.
A 101 anni Mario fiorentini mi sa trasmette un grande amore per la vita, il suo sguardo, la voglia di comunicare a 360 gradi su molti argomenti, la sua esperienza sia umana che in tanti ambiti della vita, sono testimonianze che non vanno perse. In una società che spesso rivisita a proprio piacimento i fatti storici che ci precedono, in una società che cerca di cancellare la memoria storica e che rischia di utilizzare la tecnologia come arma di appiattimento soprattutto delle nuove e future generazioni, sento il dovere di restituire quel patrimonio umano e civile che sono alla base di una società sana, che non dimentica i fatti che hanno dato origine al senso etico e morale che ci appartiene.
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